Si dice che quando scoppia una guerra la prima vittima è la verità; ogni parte, infatti, ha la sua verità, anche nel nostro Risorgimento è accaduto qualcosa di simile e anche in terra apuana, sebbene teatro minore della seconda guerra di indipendenza.

Ognuno la racconta a modo suo, o tace a modo suo.

Il 29 Aprile 1859 gli austriaci passarono il Ticino, fu l’inizio della seconda guerra d’indipendenza. A questo punto negli stati estensi non c’era più bisogno di cautela. Già il giorno prima Francesco V comandava al Casoni di riprendere Fosdinovo occupato da elementi liguri della guardia nazionale. Il 29 il Casoni telegrafò al duca di avere rioccupato l’imbocco della media valle della Magra coi fortini delle Lame e il caposaldo di Albiano, ed anche Fosdinovo a cui, tuttavia, capitò di essere preso e perso per un paio di volte.

Su Fosdinovo, infatti, nella notte del 29 si era gettata una spedizione guidata dal carrarese Giovan Battista Sarteschi, allo scopo di isolare il presidio estense il cui comandante, il tenente Bellisi, allarmato dalle prime sparatorie tra pattuglie alla Spolverina decideva il ritiro a Ceserano. Il 30 Casoni ordinava la controffensiva, attaccando in forze Fosdinovo presidiato “da circa 200 uomini diretti dal noto Ratti (Giuseppe da Santerenzo) e dal ricco Sarteschi juniore di Carrara”. Le soverchianti forze indussero gli occupanti al ritiro. Il Casoni scrive che inseguì i fuggiaschi fino a Castelpoggio e gli venne “il ticchio di calare su Carrara”, anche se si guardò bene dal farlo.

Da parte estense si diede grande risalto all’azione, aggiungendo che i “briganti” avevano avuto almeno due morti e un ferito. Da parte “italiana” si liquida il tutto come “quattro schioppettate” e la manovra veniva riassunta col fatto che il Casoni “moveva da Fivizzano coll’intenzione di marciare su Carrara, ma vi rinunciava ripiegando sulle sue posizioni e solo s’impegnava una lieve avvisaglia tra il distaccamento estense rimasto a Fosdinovo e una piccola colonna di volontari che a sua volta retrocedette” .

Giuseppe Casoni

Quello che possiamo dire sul fatto d’arme è che due morti tra gli uomini del Sarteschi non risultano, né nei registri di Fosdinovo né in quelli carraresi; verosimilmente, senza eroismi dalle due parti, il più forte avanzava e il meno forte cedeva il campo evitando inutili perdite e questo a fasi alterne, come si è visto. E’ pur vero che gli estensi rioccuparono Fosdinovo presidiando il confine della Spolverina ancora per una ventina di giorni perché Casoni non poteva permettersi di perdere quella postazione.

Fosdinovo era troppo importante strategicamente, una volta che la guerra era scoppiata e superata ogni questione legata al “casus belli”, era utile osservare da vicino l’avversario, avere informazioni di prima mano, da Carrara, da Sarzana e dalla Spezia. A questo proposito, fu piazzato un potente telescopio sul castello Malaspina, da cui osservare le manovre nella piana e nel golfo spezzino dove si continuavano a temere sbarchi.

LA SPEDIZIONE DALLA SPEZIA A CARRARA

Anche il governo sardo non poteva stare a guardare ed inviò a Carrara tutte le forze che poteva raccogliere in quel frangente. Il grosso della truppa era impegnato nella pianura padana, tuttavia presso La Spezia, al Forte Varignano, era di stanza un battaglione della Real Navi, cioè fanti di mare, e qualche piccolo reparto misto. Lo stesso 30 aprile (in contemporanea coi fatti di Fosdinovo) una colonna di riuniva a Sarzana per portarsi rapidamente a Carrara. Era composta da due compagnie della Real Navi al comando del capitano De Stefani, una batteria di artiglieri ed una forza mista di genieri, marinai, doganieri e carabinieri più le guardie nazionali della Spezia e degli altri comuni vicini, per un totale di 800 uomini.

Anche su questo particolare c’è chi la racconta in modo diverso. C’è uno spassoso poemetto in dialetto spezzino antico: “A spedissiòn de Caràa”, dello storico e letterato Ubaldo Mazzini, che canta le gesta della guardia nazionale della sua città descritta come colonna portante della spedizione, che aggirò Carrara dalla parte massese della Foce per non avere sorprese.

Il narratore continua dicendo che presso la Foce trovarono una pattuglia di dragoni che pensò bene di dileguarsi ed, infine, entrarono in Carrara acclamati dalla folla. E’ vero che per quell’azione alcuni militi della guardia nazionale spezzina furono effettivamente decorati di medaglia d’argento, anche se qualcuno, come racconta il narratore stesso, alla sera stessa se l’era già venduta.

In realtà la partecipazione della guardia nazionale della Spezia pare fosse marginale e minoritaria, perché il grosso della forza aveva avuto l’ordine di andare a presidiare Genova rimasta sguarnita. Tuttavia, a parte la spassosa narrazione, possiamo leggere tra le righe qualcosa di verosimile: Non vi sarebbe nulla di strano nel fatto che qualche reparto fosse stato mandato a dare un’occhiata dalla parte di Massa dove, a differenza di Carrara, il duca di Modena aveva ancora un partito, come pure non vi sarebbe nulla di strano che il Casoni avesse lasciato una pattuglia a raccogliere informazioni.

LO SBARCO DELLA AUTHION

La spedizione di truppe regolari del Regno di Sardegna, aveva rassicurato i carraresi, visto che il Casoni rinunciò ad attaccare la città “avendo avuto notizia della presenza dei sardi”. Dello stesso stato d’animo non erano però a Sarzana, poco tranquilli di avere sopra la testa, in quel di Fosdinovo, la minaccia estense. La paura fu superata il giorno dopo quando alla Marina di Avenza, il 1 maggio 1859, sbarcò il generale Ribotti con una settantina di uomini della guardia nazionale di Genova, 400 fucili ed abbondanti munizioni. E’ il primo sbarco nell’Italia liberata durante la seconda guerra di indipendenza. Si trattava del vapore a ruote Authion, al comando di Augusto Galli Della Loggia (antenato del noto giornalista).

Il Ribotti fece tappa prima a Sarzana per rassicurare gli animi e, il 2 Maggio, fu a Carrara, così le Guardie Nazionali convenute a Carrara poterono tornare a presidiare Sarzana e gli altri comuni vicini. Il ritorno del presidio della vallata tranquillizzò quelle comunità e il morale dei sarzanesi si rialzò tanto da portarli a fare un colpo di mano al posto di confine di Caniparola.

LA FORMAZIONE DEL CORPO DEI CACCIATORI DELLA MAGRA

A Carrara Ribotti diede immediatamente seguito all’organizzazione di un Corpo di Volontari. Il giorno stesso fu fatto affiggere un proclama con l’invito “ad arruolarsi sotto la direzione del capitano sig. De Stefani” firmato dal “Presidente del Municipio – Monzoni”, seguito da una “Notificazione” dello stesso De Stefani che stabiliva, in nome di Vittorio Emanuele, “si proceda nella città di Carrara all’arruolamento dei volontari per la guerra dell’indipendenza dell’Italia sotto il nome di Cacciatori della Magra”. Era la prima volta che appariva quel nome. Fu scartato cacciatori delle Alpi per non far confusione con l’omonimo corpo comandato da Garibaldi, così pure cacciatori del Mediterraneo, troppo vago; la Magra invece era l’elemento unificante, bagnava la terra dove i primi uomini del Sarteschi si adunarono.

I ruoli ufficiali ci dicono che il 7 maggio gli iscritti erano già 71, due giorni dopo 217, cinque giorni dopo 267. Tuttavia c’era il problema dell’armamento, del vestiario e, soprattutto, dell’addestramento. Le parti delle uniformi e la stoffa furono ordinate al magazzino di Torino ma i tempi tecnici di allora, lasciarono a lungo il corpo vestito in borghese. L’armamento era altrettanto irrazionale, ma bisognava accontentarsi. Nel frattempo era giunto dalla Toscana un piccolo distaccamento di fanteria al comando del capitano Bevilacqua che andava a rinforzare il contingente di Carrara.

(nella foto in evidenza la nave Authion)

CONTINUA…

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